sabato 19 gennaio 2008

Ladri di biciclette
(1948-2008):
non fu "neorealismo" bensì
un'ipotesi di cinema "futurealista" ?
Rivedo stamattina "Ladri di bicicletta" di De Sica.
Un pensiero mi coglie improvviso durante l'estasiata visione. In realtà De Sica non ha voluto girare un film neorealista, ma un film "futurealista": un film, cioè, d'ambientazione contemporanea che però parla di un futuro prossimo o lontano. Ambientazione 1948 per un discorso sul 2008. 60 anni esatti.
Prima scena del capolavoro di De Sica: un gruppo di disoccupati si accalca davanti all'ufficio di collocamento in attesa che l'impiegato, dall'alto dei gradini, chiami il loro nome per proporgli un lavoro. Un'attesa che può durare ore, giorni, mesi o anni...
C'è un posto da tornitore, uno da muratore e uno da "attacchino" di manifesti per il comune di Roma. Ricci viene chiamato per quest'ultimo impiego, ma non è assieme a tutti gli altri poveri cristi in attesa della "chiamata": è sdraiato sulla ghiaia, a due-trecento metri di distanza dalla calca, stremato da anni di disoccupazione e da albe passate in piedi di fronte alla porta dell'ufficio di collocamento, porta che è come l'ingresso dell'inferno che però, da un momento all'altro, può trasformarsi in ingresso del paradiso. Scena anarchica, letteralmente, questa di De Sica, che attua una separazione inconciliabile tra il suo protagonista e il resto del mondo, e ne certifica l'inadeguatezza che è anche incapacità di capirne la logica.
E infatti Ricci non comprende com'è possibile che gli arrivi improvvisamente la Grazie di un impiego "municipale", come lo chiama lui, senza che gli sia consentito di toccarla facilmente, questa stessa Grazia: per prendere il posto deve infatti presentarsi all'ufficio comunale con la bicicletta, poichè il comune non la fornisce, come sarebbe ovvio, in dotazione. Come tutti sappiamo, sarà questa macchia originaria non redenta, questa bicicletta prima riconquistata e poi persa, a condannarlo come "peccatore sociale" e a fargli perdere il posto. Forse molti non saranno d'accordo, ma per me "Ladri di biciclette" è una sublime parabola anti-religiosa (anti-cattolica), al di là forse delle intenzioni dello stesso De Sica.
Roma 2008. Il prof Baccelliere ha perso il posto di lavoro di insegnante presso la scuola media Lombardo Radice. Per dirla in gergo, ha perso la "cattedra". A dire il vero, anzi, non l'aveva mai avuta, poichè poggiava il suo sedere su quella di un altro docente (altra docente): la sua colpa originaria non mendata, insomma, era quella di "non avere la bicicletta". No bicicletta no school, caro professor Baccelliere... o almeno, ci vada a piedi.
Due settimane dopo arriva la telefonata da una scuola media di Fiumicino. Stavolta, pensa il prof Bacc, è il caso di portare la bicicletta, per scaramanzia... e infatti si reca a Fiumicino in bicicletta. Parte di buon'ora per pedalare in scioltezza e percorrere in tranquillità i 35 km di distanza. Arriva.
Una calca di 20 professori di svariata età e provenienza si accalca davanti alla porta infernale dell'ufficio della segretaria, che alle 9e30 precise farà le "chiamate". Quella porta diventerà l'ingresso del paradiso per 4 di loro: ci sono tre cattedre altrui disponibili fino al 30 giugno e una fino al 30 agosto.
Il prof Bacc, stanco per la lunga pedalata e stanco di sentirsi un povero alla mensa dei poveri in attesa di ritirare la sporta di pane con il buono settimanale, si separa dalla calca e si stende su una panchina di una strana sala d'attesa, che non gli era mai capitato di vedere in nessuna scuola. Si sente febbricitante e sente dentro di sè frammenti di delirio comporsi scomposti, pronti ad uscire dalla sua bocca.
Poi una voce lo chiama. Lui non sente, ma un collega che lo conosce ulula il suo nome. "Bacc porca miseria ti hanno chiamato! Devi fare sempre le cose diverse dagli altri, che Cristo! Alzati, hai preso l'ultimo posto disponibile" "Davvero. Cazzo, ma qui è lontanissimo, la zona è servita malissimo dai mezzi pubblici, non ho l'auto e neppure la moto. Come cazzo vengo la mattina alle otto qui?" "Hai sempre la tua bicicletta, no?""Giusto, ho sempre la mia cazzo di bicicletta! E ha pure il cambio Shimano! Cazzo!"
Il prof Bacc si alza e va dalla segretaria. Sta per accettare la proposta quando una collega anziana fa capolino nell'ufficio.
Ha un punto più di lui in graduatoria.
Ha almeno venticinque anni più di lui.
E' alta più o meno cinque centimetri più di lui.
Ha addosso un cappotto di Prada che vale almeno cento volte la giacca che ha indosso lui.
Mentre conteggia tutte queste differenze di quest'impari confronto il prof Bacc perde il suo posto. Ancora una volta il prof Bacc resta senza cattedra.
La prossima volta, pensa, mi porto una cattedra enorme da casa e la piazzo all'ingresso della scuola che mi chiama. Così non me la possono togliere. Mi ci siedo su e mi ci incollo il culo con l'Attack. Non voglio mica insegnare chissà cosa: mi basta raccontare due o tre cose sull'Italia contemporanea...
Il prof Bacc, febbre alta e mal di vivere, esce sconsolato da scuola pensando alle bollette di condominio arretrate e ai 35 km da pedalare nonostante le gambe spezzate e il morale maciullato. Pensa però che avere la sua bicicletta vuol dire sempre e comunque libertà, e pensa che sfreccerà anche questa volta lungo una strada, e vedrà un pezzo di fiume, o un frammento di mare, e qualche spazio vuoto da riempire con la fantasia e con quella musica che gli risuona sempre dentro, e allora si rincuora, e si prepara per l'ennesima pedalata. Deve essere fatta in scioltezza, senza forzare i muscoli. Sì, pensa, sarà una pedalata solubile fino a Roma. Le schifezze della vita alla fine si possono sciogliere tutte!
Ma c'è sempre un "ma". E qui il "ma" è che la bicicletta non c'è più. Sparita. Svanita. Il prof Bacc pensa che adesso non solo non ha una cattedra, ma neppure la sua bicicletta. Vede in lontananza un ragazzino pedalare e urlare ad un compagno a poca distanza: "Cazzo, ha pure il cambio Shimano". Lentamente, il prof si dirige verso di loro.
Loro si fermano, lo guardano, e poi velocemente si dileguano. Quello a piedi scompare in certe viuzze complicate. l'altro svanisce velocissimamente facendo andare la bici come una moto, lungo una strada in lieve salita che romperebbe le gambe a un ciclista.
"Che razza di rapporto sta usando, quello stronzetto?" pensa il prof Bacc. "Ma guarda come fila...". Il prof Bacc resta immobile. Una luce lo ha immobilizzato in un fotogramma di rinnovata coscienza.
Il prof Bacc ha capito. Il prof Bacc ora capisce. Il problema vero è uno. Non c'entra la cattedra, non c'entra la bicicletta e il cambio Shimano.
Il fatto è che dovrebbe allenarsi di più. Dovrebbe imparare a pedalare più forte. A spingere un rapporto più duro. Nelle strade in salita non si può sempre pedalare in scioltezza.
Il prof Bacc si avvia a piedi. Non sa dove perchè non conosce Fiumicino. Da qualche parte troverà una fermata d'autobus. O forse qualcuno che gli venda un'altra bicicletta.

giovedì 3 gennaio 2008

Il genocidio dei polli di Trilussa
(alias: degli italiani)

Carissimi lettori del blog,
sono molto felice di comunicarvi che il 2008 è cominciato nel migliore dei modi possibili!!! Il paese in cui viviamo e in cui moriamo, in cui sogniamo ad occhi aperti e ad occhi chiusi (ma soprattutto ad occhi chiusi: quando apriamo gli occhi proprio non ci si riesce a sognare…), in cui lavoriamo e felicemente paghiamo le equanimi tasse, in cui facciamo crescere i nostri figli e le nostra figlie, e contestualmente anche le nostre malattie nervose grazie alle rilassatezze della nostra paradisiaca guerriglia quotidiana (guerriglia nella quale a volte cadiamo valorosamente, come succede “ogni tanto” su qualche nostro luogo di lavoro…), ebbene il paese in cui viviamo (si chiama Italia, tanto per ricordarvelo) esiste ancora ed è più in forma, più bello e più prospero che mai!
Il nostro presidente del consiglio, infatti, poco prima della fine del funesto 2007 ha tranquillizzato gli italiani (a dire il vero, così conciato com’era lassù, sui quei monti sperduti, a mo’ di un extraterrestre rifiutato dalla sua specie, non è che avesse molto di tranquillizzante da comunicare): la notizia del sorpasso economico della rampante Spagna ai danni dell’italica Armata Brancaleone era solo una bufala. Un lazzo di fine dicembre. Uno scherzetto poco carino di quel birichino di Zapatero (ma si sa, i giovani governanti sono così, hanno il gusto della boutade!). Il nostro savio primo ministro ci ha rassicurati adducendo al suo discorso, più come una sorta di corroborante al miele per latte amaro più che come decente sostegno teorico-pratico, una preziosissima argomentazione, talmente “definitiva” e assoluta da aver immediatamente fugato le nebbie della decadenza, che negli ultimi tempi sono state fatte surrettiziamente addensare davanti agli occhi di noi apprensivi e troppo creduloni sudditi italiani (pardon, cittadini…) da parte di qualche ineffabile sabotatore del buon nome e del benessere nazionale.
Non credevo alle mie orecchie quando l’ho sentita e ai miei occhi quando l’ho letta. Ho creduto a una semplificazione dei giornalisti. Mi sono sbagliato: è tutto vero. Il nostro presidente del consiglio la pensa davvero così (ma ammettiamo anche che non la pensi così, come spero per la sua intelligenza; in ogni caso dice così e questo conta... e, sinceramente, non so cosa sia peggio!)
Dunque, espongo in breve.
Dice Prodi dai monti nevosi e irti, sul ciglio di gore profonde nelle quali non s'attosca mai (ahimè), che l’economia italiana non è stata superata da quella spagnola: il pil procapite italiano infatti è ancora superiore a quello spagnolo del 15% circa. Quindi l’Italia vive ancora un benessere superiore a quello della Espana ed il suo sistema-paese sopravanza ancora il sistema-paese iberico. Bene. Benissimo. Ora posso pagare più tranquillo il canone Rai aumentato a sfregio dei cittadini di 2 euro e il biglietto Bari-Roma che tra il 31 dicembre e il 1 gennaio è aumentato del 15,78%. Ora posso pagare con cuore sollevato e leggero la tassa rifiuti aumentata a Roma nell'ultimo anno del 18% (viva Walter, che ci salverà!!). Ora posso regalare con animo lieve il mio stipendio al padrone di casa (poverino, che c'entra lui, prenditela con le leggi del mercato, Fabio... Piccola parentesi: quando abbiamo parlato delle leggi del mercato e della domanda e dell'offerta in classe, nella IH -11 anni, dico 11 anni!- un ragazzino molto pratico mi ha detto: scusi professore, ma queste mele - usavamo il banco delle mele come luogo in cui si incontrano domanda e offerta - qualcuno le compra e qualcuno le vende, quindi non è il "mercato" che fa i prezzi, ma gli uomini che ci vanno, in questo "mercato").

Passo alla definizione di pil procapite: il pil procapite, cioè il prodotto interno lordo per cittadino, si può definire come il tasso medio di crescita della produzione procapite.
Il Pil procapite si fonda sullo stesso principio di calcolo del reddito procapite, da quale viene sostituito spesso nelle statistiche: la produzione totale è infatti spesso superiore alla redditività complessiva di un paese e può trarre in inganno sullo stato di salute del paese stesso. La sostanza del nostro discorso comunque non cambia, poichè il principio che presiede a entrambi gli indici è comune. Ad ogni modo, vediamo per completezza anche che cos’è il reddito medio procapite:
il reddito medio di un gruppo di persone è ottenuto dividendo il totale del reddito prodotto in un certo periodo per il numero medio di componenti del gruppo. Di solito è riportato in unità di moneta per un anno.
Come il PIL procapite, che è espresso però in termini percentuali, anche il reddito procapite è spesso usato per misurare il grado di benessere della popolazione di un paese, comparato agli altri paesi. Perché i diversi dati siano comparabili dev'essere espresso in termini di una moneta usata internazionalmente come l'Euro o il Dollaro.

Vorrei sottolineare che questi indici "procapite" non sempre (o quasi mai) rappresentano in maniera corretta il benessere di un paese, soprattutto quando si confrontano paesi economicamente e culturalmente molto diversi e soprattutto quando "quantificano" economie appartenenti alla fase del capitalismo maturo.

In primo luogo l'attività economica che non crea redditi monetari, come servizi creati all'interno delle famiglie o il baratto non sono tenuti in considerazione. L'importanza di questi servizi varia notevolmente da paese a paese.
Inoltre le differenti valute dei vari paesi convertite ad una valuta internazionalmente riconosciuta non sempre rispettano correttamente i poteri di acquisto reali delle monete. Il reddito procapite va infatti corretto con i dati dei prezzi dei beni e dei servizi principali di cui usufruiscono i cittadini: con queste modifiche, otteniamo degli indici nuovi basati sulla PPP (parità dei poteri d’acquisto)

Ma soprattutto, amici lettori, il reddito procapite e il pil procapite non indicano la distribuzione del reddito all'interno di un paese, cosicché un piccolo gruppo di persone straricche può far aumentare notevolmente il reddito medio dell'intera popolazione di cui la maggioranza può essere poverissima.

Insomma Romano Prodi vuole raccontarci la sua verità usando uno dei metodi più abusati degli ultimi ottocento anni: quello della statistica. In base alla statistica, infatti, noi italiani stiamo bene, possiamo sorridere e grazie sempre alla statistica arriviamo anche tranquillamente alla fine del mese. Meno male che c’è lei. Ora non mi sentirò più povero quando penserò di non potermi permettere l'automobile, poichè l'Italia è uno dei paesi con il più alto rapporto di automobile per abitante e quindi anche io, per la statistica, ne possiedo sempre una. Grazie Madonna Statistica, grazie a te e alle tue ancelle... sì le tue ancelle, o Vergine Santa, le suadenti Medie... Vorrei ricordarle, queste fanciulle dagli occhi azzurri, i seni al vento che fanno ciao agli italiani e gli ricordano quant'è grande e ricca questa penisola (prossima isola...), e con gli occhi stillanti lussuria gli suggeriscono prospettive future con parole che scivolano contorte dalla fessura allusiva tra le labbra carnose...

Mi rivolgo direttamente a lei, signor Prodi.
Fuor di metafora e di scherzo, dovrebbe ricordare ai suoi sudditi, caro presidente, che la “media” è un dato poco significativo se non sappiamo a che cosa si riferisce, su quale base è calcolata, con quale criterio è definita.
Diceva Des McHale che «l’umano medio ha una mammella e un testicolo». Oppure Rita Mae Brown ci ricorda argutamente che «le statistiche dicono che uno su quattro soffre di qualche malattia mentale. Pensa ai tuoi tre migliori amici. Se stanno bene, vuol dire che sei tu. ».
Quello che vorrei che non dimenticasse, caro presidente, è che la media, comunque calcolata, è un concetto astratto. Una delle poche certezze assolute della statistica è che ciò che è “medio” non esiste. Ogni cosa si colloca necessariamente sopra o sotto il dato “medio”. Per questo, e per tutto il resto che non ho tempo di dire, io credo...

...che lei, come tutti i suoi compagni di merenda (e colazione, e pranzo, e cena) impoveriate coscientemente la massa dei cittadini tutti i santi giorni dell’anno, dal primo all’ultimo, arricchendo automaticamente, per la legge dei vasi comunicanti, una ristretta e privilegiata minoranza (di cui però, glielo riconosco, lei non fa parte, vista la sua sobria e misera dichiarazione dei redditi). E credo che tutti i santi (o meno santi) giorni, signor Prodi,“correggiate” con la media la vergognosa sperequazione della ricchezza, che causerà, o sta già causando, la distruzione (anzi, la "polverizzazione") di questo paese. Io credo che con il phard delle cifre voi nascondiate artatamente le lacrime del popolo italiano, e credo soprattutto che da quindici anni voi stiate attuando con scalarità scientifica e gradualità chirurgica il "genocidio" sociale ed economico (e contestualmente "culturale") di questo paese. Il genocidio sociale, economico e culturale... il genocidio sociale, economico e culturale per ridurlo in briciole e di quelle briciole far nutrire per anni gli uccelli-sciacalli delle banche di cui tanto siete amici. Piccole sciocchezze, signor presidente. Piccole sciocchezze di valore non quantificabile. Fuor di media, quindi fuor di chiave. Senza lettura perchè senza dato.

E credo inoltre che lei e i suoi amici abbiate scambiato gli italiani per i polli di Trilussa. Certo lei, uomo di cultura fine ma di base popolare, la storiella alla quale mi riferisco ben la conosce. Vorrei riproporla nella sua versione originale. Se la goda tutta. Ma non la legga in romanesco, per favore!

“La Statistica”

Sai ched’è la statistica?
È ’na cosa
che serve pe’ fa’ un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che sposa.
Ma pe’ me la statistica curiosa
è dove c’entra la percentuale,
pe’ via che, lì, la media è sempre eguale
puro co’ la persona bisognosa.
Me spiego: da li conti che se fanno
secondo le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:
e, se nun entra ne le spese tue,t’entra ne la statistica lo stesso
perché c’è un antro che ne magna due.
(Trilussa)


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